13 luglio 2015

non sei Giona, nemmeno un dio


Ogni partenza ha il proprio rituale. Ogni scaramanzia una stolida cerimonia. Cosa temi veramente, Ismaele? La ritorsione divina per ciò che hai solo osato pensare: liberarti di tutto, sfidare l’abisso, gli dei.
Il viaggio parta dunque benedetto da un padre baleniere di nome Mapple. Anche lui risponde al tuo poema sacro: è un prete che arriva dalle profondità del mare, che del mare porta gli impeti e la grazia. Dalle sue profondità ha udito l’ultima preghiera di Giona prima che fosse vomitato in salvo dalla balena.
Il pulpito della chiesa è la prua che fende il dubbio dei credenti davanti alla sparizione dei loro cari. Restano le lapidi ai muri, vuote di ogni consolazione, di ogni morta materia.
Tu e Quiqueg di nuovo  assieme qui, tra vedove e marinai, affidati per l’occasione allo stesso Dio.
Tutti attendono il sermone che risvegliando Giona faccia tremare i cuori e rinsaldi le anime. Anche tu Ismaele, contrito, ti ricrederai.

Quanti sermoni schiuderà il tuo libro?




“Dio aveva creato un grande pesce per inghiottire Giona”, grida il prete alla platea e ai fantasmi del mare.  Prometti obbedienza ai comandamenti e alle verità della Bibbia. Contrasti il terrore bianco della fine con indigesta devozione. Ora attento. Dio, dall’alto ti guarda e ti sente, attento, non dubitare adesso! Distrai il pensiero, volgilo all’angelo abbagliante sopra quel pulpito. Crediti fedele. Crediti.

“Di sfondarmi l’anima, né una balena e nemmeno Giove saranno capaci” dici a te stesso, sognando l’immortalità, umiliando il corpo, che possa andarsene in pasto agli squali e alle orche.

Giona dentro la balena ha ritrovato Dio, così salvandosi. Nelle viscere di Moby Dick, tu figlio di Abramo, non troverai che parole, e mistero.