7 gennaio 2015

una questione privata, in mare aperto.

Quando abbiamo iniziato a immaginare questo viaggio incontro alla balena, in qualche modo sapevamo che non sarebbe terminato se non in un grande vortice. Così (fino a qui) è andata.
La storia della balena bianca si è fatta storia di un personale doppio smarrimento; si è presa tutto, divorata tutto, portandoselo in profondità sempre meno chiare, fino al fondo di un gorgo da cui tentiamo qui di risalire (ora la balena è in alto, vola sopra le nostre teste).
Ci siamo inabissati con lei e i suoi fantasmi. Sono trascorsi anni, stagioni, e le nostre vite nel frattempo sono cambiate più volte, restando sempre dentro, sotto o sopra la balena. Il romanzo che volevamo ridurre a una storia illustrata, ha prodotto le immagini e le parole di un vagabondare continuo della fantasia e del desiderio, senza una fine, una chiusura.
La sindrome di Melville (così l’abbiamo chiamata) ci ha colto e tradito: uno smarrimento svagato, a tratti compiaciuto, dentro l’epopea di Moby Dick... Ci siamo convinti che lo stesso Melville si sia abbandonato a questa condizione dell’anima negli anni della stesura del romanzo; si possono infatti ritrovare stati di follia e di allucinazione nella biografia dello scrittore, negli anni che seguono la genesi e la difficile diffusione del suo libro più famoso.




Ottobre 2009-Gennaio 2015. Volevamo uscire da un autunno pigro e indolente, veleggiare verso un Moby Dick da raccontare in immagini e parole, e oggi siamo ancora qui, confabuliamo sommessamente sempre all’ombra della balena, che ci sovrasta. Dannata balena!
E' stato un lungo viaggio fino a questo spazio, a sua volta dilatabile all’infinito, capace di superare la portata delle nostre intenzioni originarie di terminare un lavoro, dar vita a un libro… Quelle intenzioni che forse abbiamo temuto sempre troppo ambiziose, troppo solamente ambiziose, e possibili.