Quando abbiamo iniziato a immaginare questo viaggio incontro alla balena, in
qualche modo sapevamo che non sarebbe terminato se non in un grande vortice.
Così (fino a qui) è andata.
La storia della balena bianca si è fatta storia
di un personale doppio smarrimento; si è presa tutto, divorata tutto,
portandoselo in profondità sempre meno chiare, fino al fondo di un gorgo da cui
tentiamo qui di risalire (ora la balena è in alto, vola sopra le nostre
teste).
Ci siamo inabissati con lei e i suoi fantasmi. Sono trascorsi anni,
stagioni, e le nostre vite nel frattempo sono cambiate più volte, restando
sempre dentro, sotto o sopra la balena. Il romanzo che volevamo ridurre a una
storia illustrata, ha prodotto le immagini e le parole di un vagabondare
continuo della fantasia e del desiderio, senza una fine, una chiusura.
La
sindrome di Melville (così l’abbiamo chiamata) ci ha colto e tradito: uno
smarrimento svagato, a tratti compiaciuto, dentro l’epopea di Moby Dick... Ci
siamo convinti che lo stesso Melville si sia abbandonato a questa condizione
dell’anima negli anni della stesura del romanzo; si possono infatti ritrovare
stati di follia e di allucinazione nella biografia dello scrittore, negli anni
che seguono la genesi e la difficile diffusione del suo libro più
famoso.
Ottobre 2009-Gennaio 2015. Volevamo uscire da un autunno pigro e
indolente, veleggiare verso un Moby Dick da raccontare in immagini e parole, e
oggi siamo ancora qui, confabuliamo sommessamente sempre all’ombra della balena,
che ci sovrasta. Dannata balena!
E' stato un lungo viaggio fino a questo
spazio, a sua volta dilatabile all’infinito, capace di superare la portata delle
nostre intenzioni originarie di terminare un lavoro, dar vita a un libro… Quelle
intenzioni che forse abbiamo temuto sempre troppo ambiziose, troppo solamente
ambiziose, e possibili.